Misure contro l’inquinamento: la Cina chiude il 40% delle fabbriche
Per decenni la Cina ha spinto il pedale dell’industrializzazione selvaggia, senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze a livello ambientale. I risultati, li conosciamo. Pechino è una delle metropoli più inquinate al mondo, se non la prima della lista, con un livello di particolato che supera abbondantemente il massimo consentito rendendo l’aria irrespirabile. E purtroppo non è sola, perché sono molte le città cinesi che le fanno compagnia. E’ chiaro che davanti a una politica economica guidata dalle fossili che ha portato quello che era un paese in via di sviluppo a diventare una delle maggiori potenze a livello mondiale, invertire drasticamente la rotta non è sicuramente semplice. Eppure, sarà che negli ultimi tempi è aumentata la consapevolezza sui rischi legati alle polveri sottili o che semplicemente quando la Cina si mette in testa qualcosa, lo fa in grande, ultimamente sono state varate diverse misure contro l’inquinamento, affiancate da un boom di investimenti sul fronte delle rinnovabili.
Dopo l’airpocalypse la Cina vara misure contro l’inquinamento
Tutto risale all’inverno 2012-2013, quando il paese del Sol Levante è stata colpita da quella che è stata ribattezzata ‘airpocalypse’, un’apocalisse dell’aria, con il 70% delle principali città colpite da livelli di inquinamento nettamente superiori agli standard di qualità dell’atmosfera stabiliti dal governo cinese, che tra l’altro sono molto più tolleranti di quelli europei. Scattato l’allarme, il governo ha scelto di mettere a punto una serie di strategie e di misure contro l’inquinamento, al fine di ridurre le emissioni nocive del paese. Fra queste, sono state introdotte delle sanzioni pesanti per le industrie che infrangono le norme ambientali, sono stati approvati una serie di incentivi per l’adozione di tecnologie produttive a basso impatto ambientale e si è iniziato ad investire massicciamente sull’energia pulita, tanto che la Cina è diventata in poco tempo il primo produttore al mondo di energia dal fotovoltaico.
Entro il 2017 le industrie dovranno ridurre il 30% delle emissioni
E a quanto pare, la Cina sta facendo sul serio. L’ultimo obiettivo stabilito dal governo cinese è quello di tagliare la concentrazione di particelle particolarmente pericolose (il cosiddetto PM2.5) dai 47 microgrammi al metro cubo del 2016 a 35 microgrammi, entro il 2035. E per farlo è stato stabilito che le emissioni inquinanti delle industrie dovrebbero essere ridotte del 30% entro la fine del 2017. Si tratta sicuramente di un traguardo molto ambizioso e che ha fatto scattare una serie di controlli ispettivi capillari.
Il risultato? Chiuse tutte le fabbriche inquinanti
La conseguenza, stando a quanto riportato da diverse notizie che circolano sui quotidiani di tutto il mondo, è che al momento il 40% delle fabbriche sono state chiuse, proprio per il mancato rispetto della normativa sulle emissioni. Non si tratta chiaramente di un blocco definitivo della produzione ma temporaneo, se le industrie dimostreranno di poter rispettare le misure contro l’inquinamento stabilite dal governo.
Rischio crisi economica?
E’ una situazione che sta facendo discutere, perché sono in molti ad avere il timore che queste restrizioni ferree potrebbero danneggiare l’economia cinese e frenare la forte crescita che il paese sta registrando negli ultimi anni. Ma il governo sembra più che convinto della strada intrapresa, considerandola l’unica percorribile sia per la salute dei cittadini sia per l’intera economia cinese che, dopo una prima fase di incertezza e difficoltà, potrà reinventarsi in un’ottica più green e sostenibile.
Il governo non cede e va avanti
Il mancato rispetto delle misure contro l’inquinamento sarà pagato a caro prezzo dai responsabili delle industrie, ha confermato Yang Weimin, vice direttore del Gruppo degli affari economici e finanziari del Partito Comunista al governo, nel corso di un’intervista rilasciata al New York Times.
“Tutti coloro che sono a capo, in qualità di quadri o dirigenti, di fabbriche inquinanti- ha ribadito Weimin- dovranno rispondere personalmente dei danni provocati all’ambiente e alla popolazione.”
E’ un investimento a lungo termine
Una visione confermata anche dal ministro della protezione ambientale Li Ganjie, secondo il quale le strategie messe in atto innescheranno dei meccanismi a lungo termine, che stanno già dando i primi risultati.
“Non sarà semplice raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti ma stiamo lavorando duramente affinché tutti i cinesi possano tornare a vedere le stelle di notte e sentire gli uccellini cinguettare.”
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