L’ansia dell’autonomia e il trauma del tempo per un pieno: parliamo di stazioni di ricarica
È un refrain che si ripete in ogni articolo in cui si cerca di descrivere l’attuale situazione del mercato delle automobili elettriche: il principale ostacolo che frena una diffusione di massa dei veicoli a zero emissioni è la mancanza a livello strutturale di stazioni per la ricarica lungo la rete stradale. Il problema, come sappiamo fin troppo bene, è acuito da altri due fattori. Da una parte, infatti, c’è l’autonomia spesso ‘bassa’ delle automobili elettriche, le quali, a parte alcune pregevoli e recenti eccezioni, devono ancora raggiungere i livelli delle auto a benzina o a diesel. Dall’altra, invece, c’è il lungo lasso di tempo richiesto dalle stazioni di ricarica per fare un pieno.
Il trauma del tempo di ricarica
È per questi motivi che, in un articolo del New York Times dedicato proprio alle stazioni di ricarica, si parla prima di ‘range anxiety’ (letteralmente l’ansia dell’autonomia) e poi di ‘charging time trauma’ (il trauma del tempo di ricarica): chi di noi è infatti desideroso di impegnare una, due, trenta ore per fare il pieno ad un’automobile elettrica, laddove fino a ieri, con le nostre inquinanti automobili a benzina o a diesel, in 2 minuti riempivamo l’intero serbatoio? Pensate un po’ a cosa può voler dire partire di casa per un lungo viaggio, magari per andare al mare e, trascorsi 200 chilometri, doversi fermare ad una stazione di ricarica per quasi due ore, aspettando che il proprio veicolo elettrico venga lentamente ricaricato di energia elettrica. Come ha spiegato Mark McNabb, direttore di Electrify America, una società statunitense sussidiaria del gruppo Volkswagen, «guidare per lunghe distanze e fermarmi per una o due ore è qualcosa che io non vorrei assolutamente fare». E per questo la società sta installando delle stazioni di ricarica sempre più veloci lungo le strade degli USA. L’obiettivo, infatti, è quello di abbassare il tempo di ricarica delle batterie agli ioni di litio delle automobili fino a 10 minuti, così da rendere questa fermata niente più di una pausa caffè.
La ricarica dei veicoli elettrici a livello domestico
Ma al di là degli scenari futuri o futuribili, qual è per ora la situazione per quanto riguarda le stazioni di ricarica effettivamente disponibili? A livello domestico le opzioni sono principalmente due. Nel primo caso, collegando semplicemente un veicolo elettrico ad una presa standard AC, con circa 1 – 1,5 kilowatt di elettricità, fare il pieno di energia può costare fino a 25, perfino 30 ore nei modelli con una capacità maggiore. Ricaricare una Nissan Leaf direttamente dalla presa domestica, per esempio, vuol dire impiegare fino a 12 o 13 ore. Ma dei tempi così estesi non sono solo un fastidio per il proprietario, no, non sono il massimo nemmeno per il trasformatore e per la batteria. Con dei cicli così lunghi, infatti, questi due componenti finiscono inevitabilmente per usurarsi prima del tempo. La seconda opzione è costituita da stazioni di ricarica collegate alla 220/240 Volt, con un’uscita di 7, 8, 9 kilowatt. In questi casi i tempi di ricarica sono ridotti concretamente, tra le 3 e le 6 ore in media.
Le stazioni di ricarica veloce
Ma ovviamente non è tutto qui: non c’è nessuno che non ha mai sentito parlare dei Supercharger firmati Tesla, i quali, con i loro 120 kilowatt, garantiscono quasi 500 chilometri di autonomia in poco più di un’ora di ricarica. Ma anche altri produttori hanno lanciato dei dispositivi simili. La Ford ha per esempio realizzato delle stazioni di ricarica veloce che in 30 minuti regalano quasi 150 chilometri di viaggio, tenendo conto del fatto che, più si riempie la batteria, maggiori sono i tempi di ricarica. E se per molto tempo i Supercharger della Tesla hanno rappresentato il top tra le stazioni di ricarica veloce, Bosch – che si sta sempre più allargando nel settore dell’automotive elettrico – sta realizzando delle colonnine di ricarica da 350 kilowatt, le quali, stando a Charlie Yankitis, direttore dello sviluppo della società, potrebbero garantire delle ricariche complete in un quarto d’ora circa.
Gli investimenti delle grandi società
L’epicentro dello sviluppo delle stazioni di ricarica non sembra però essere l’Europa, dove opera Bosch, quanto invece la California, che come è noto persegue degli obiettivi a zero emissioni: la sola Electrify America sta investendo 800 milioni di dollari per infrastrutture di questo tipo nel Golden State, su un totale di 2 miliardi di dollari per gli interi Stati Uniti. É della partita anche ChargePoint, il più grande installatore di stazioni di ricarica per automobili elettriche di tutto gli USA, che ha dichiarato di voler passare ai punti di ricarica da 400 kilowatt nei prossimi mesi. Una joint venture tra BMW, Daimler, Volkswagen e Ford punta invece a installare migliaia di stazioni di ricarica veloci in giro per il vecchio continente entro il 2020.
La struttura per la mobilità elettrica negli Usa
Di certo non sono pochi gli ostacoli che si impongono lungo questa strada ecosostenibile: ad oggi, per esempio, non esistono veicoli in commercio che supportano davvero le stazioni di ricarica a 350 kilowatt. Non tutte le automobili, poi, sono compatibili con tutte le tipologie di colonnine. I modelli Nissa, Volkswagen e Chevrolet non supportano i caricatori Tesla, mentre i modelli Tesla possono usufruire di un apposito adattatore per le stazioni commerciali. In ogni modo, guardando ai soli USA, ad oggi esistono solamente 16.000 stazioni di ricarica pubbliche – laddove ci sono invece 120.000 stazioni di servizio diesel e benzina.
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