Materiali per edilizia circolare: tre idee per riciclare i rifiuti
Gli oggetti realizzati con materiali da riciclo non ci sorprendono quasi più. Ci stiamo abituando a vedere abiti, gioielli, utensili ed elementi di arredo progettati a partire da prodotti di scarto. Se nel design questo trend è sempre più in voga, c’è ancora molto da fare sul fronte architettonico. Eppure è proprio il mondo legato alla progettazione che avrebbe tanto bisogno di maggiore sostenibilità, a partire dai materiali per edilizia circolare.
Materiali per edilizia circolare: un circolo virtuoso
L’edilizia è uno dei comparti più energivori e inquinanti ed è anche uno dei più complessi, dove è necessario il rispetto di standard rigorosi per garantire sicurezza e resistenza di strutture ed elementi. È per questo motivo che i cosiddetti materiali per edilizia circolare, ovvero quelli che prevedono un utilizzo virtuoso delle risorse in un’ottica di recupero e riuso, fanno ancora fatica ad affermarsi definitivamente. Eppure idee e progetti non mancano, come dimostrano le tre soluzioni innovative che vi illustriamo.
Pareti isolanti low-cost
La prima idea viene dalla Washington State University, dove un team di ricercatori ha scelto di investire in un progetto che potesse risolvere un problema molto diffuso fra gli strati più poveri della popolazione, che non hanno le possibilità economiche per riqualificare energeticamente le proprie abitazioni e devono fare i conti con bollette molto care, senza considerare la questione ambientale. Se non è possibile finanziare progetti di retrofit è possibile sviluppare dei sistemi isolanti a basso costo a partire da materiali da riciclo.
Carta e bottiglie di plastica
E’ così che nascono due soluzioni sviluppate dal professore in Architettura Taiji Miyasaka e quello in Ingegneria Robert Richards. Si tratta di due rivestimenti realizzati nel primo caso utilizzando intagli di cartone uniti a tubi di carta e nel secondo caso bottiglie di plastica fuse. Per la funzione isolante vengono usati vecchi sacchetti di plastica o di carta, inseriti nel telaio. L’esterno della parete può poi essere personalizzata con effetto pixel o mosaico.
Migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni a basso costo
Le pareti, che sono per uso interno e non sono chiaramente portanti, devo essere viste come un modo fai da te per migliorare l’efficienza energetica domestica con un investimento davvero esiguo. Gli inventori parlano di un prezzo che non dovrebbe superare i 10 centesimi per piede quadrato, anche perché chiaramente sia il cartone sia la plastica verrebbero scelti fra gli scarti in discarica, in un’ottica virtuosa di materiali per edilizia circolare. Si tratta poi di un sistema così flessibile e modulare che può adattarsi a qualsiasi spazio e a qualsiasi esigenza.
MetaComb: pareti in cartone
La stessa volontà di recuperare prodotti di scarto per farne materiali per edilizia circolare è alla base dei pannelli decorativi e strutturali sviluppati dalla start-up MetaComb, fondata da Vsevolod Tsodokov. Tsodokov ha avuto l’intuizione di trasformare i quintali di cartone che finiscono in discarica in un business. Green, ovviamente.
Pannelli leggeri e translucidi
MetaComb utilizza un processo brevettato per la lavorazione dei cartoni ondulati da cui vengono ricavati blocchi laminati, ricoperti da un materiale polimerico che ne garantisce la tenuta. I pannelli, il cui composto è uniforme e resistente grazie a una particolare resina, sono leggeri e parzialmente translucidi, in quanto le celle a nido d’ape del cartone vengono allineate per consentire l’ingresso di luce. Un risultato che ne consente l’applicazione nella cosiddetta edilizia leggera.
Accordi con le aziende
Come qualsiasi azienda che sceglie di utilizzare come materia prima del materiale di scarto destinato alla discarica, anche MetaComb ha dovuto affrontare una serie di problematiche a livello normativo e burocratico. Il cartone, inoltre, per essere idoneo deve essere in buone condizioni e soprattutto deve essere asciutto, motivo per cui la start-up ha dovuto siglare una serie di accordi con aziende private e società di smaltimento rifiuti per ottenere da loro una materia prima idonea alla lavorazione.
Mattoni in plastiglomerati
L’ultima innovazione viene dall’Università del Michigan dove i professori in architettura Meredith Miller e Thom Moran stanno studiando i cosiddetti plastiglomerati e il loro potenziale come materiali da costruzione. Il termine ‘plastiglomerato’ è recente ed è stato coniato dalla geologa canadese Patricia Corcoran, dell’Università dell’Ontario Occidentale, che, nel corso di una spedizione in una spiaggia hawaiana, aveva notato la presenza di rocce che avevano inglobato frammenti di plastica. Uno degli effetti dell’inquinamento: formazioni in cui frammenti di rifiuti plastici, semifusi ma ancora riconoscibili, tengono insieme pezzi di roccia, sabbia e conchiglie.
Sperimentazione architettonica
Gli architetti Meredith Miller e Thom Moran hanno scelto di recuperare questo materiale ibrido, di lavorarlo e di trasformarlo in blocchi edilizi. La ricerca, per cui hanno ricevuto un finanziamento dell’AIA, ha previsto lo studio del processo di fusione e di taglio del materiale, particolarmente difficile da lavorare. Il risultato è al momento qualcosa che si avvicina alla sperimentazione artistica e non caso i prototipi sono stati esposti alla Biennale di Architettura di Venezia del 2016. Ma la speranza è che si possa uscire dai circuiti espositivi per entrare in quelli della produzione industriale.
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