Cambiamento climatico: se non si cambia marcia, avremo un miliardo di profughi climatici
Con gli Accordi di Parigi tutti i firmatari si sono impegnati a mantenere al di sotto dei 2 gradi centigradi l’aumento medio delle temperature globali. Anzi, l’obiettivo reale è quello di stare al di sotto o perlomeno vicini agli 1,5 gradi centigradi. Fatta questa premessa, si tende spesso a non pensare a quali saranno le terribili conseguenze nel caso in cui questo impegno non venisse rispettato, anche se, a ben guardare, non siamo per nulla sicuri di riuscire a centrare questo importante obiettivo, anzi. Il rallentamento degli investimenti internazionali nelle energie rinnovabili e il plateale disimpegno di Trump sono solamente alcuni dei segnali che ci dovrebbero far seriamente pensare a cosa potrebbe accadere al Pianeta tra una manciata di decenni: parliamo di carestie, di siccità, di fenomeni meteorologici sempre più estremi e di milioni di profughi climatici.
1 miliardo di profughi climatici dall’Asia e dal Pacifico
E se in molti preferiscono non pensare a quello che potrebbe succedere per le infauste decisioni di gente come Trump, c’è invece chi ha voluto delineare lo scenario drammatico che si verrebbe a creare entro la fine del secolo se gli Accordi di Parigi non verranno effettivamente rispettati. La Banca asiatica per lo sviluppo, con l’appoggio scientifico del Potsdam Institute for Climate Impact Research, ha infatti realizzato un rapporto in cui si descrive come sarà il nostro mondo nel 2100 qualora non venissero modificati nel concreto i nostri processi di produzione. Secondo i dati riportati in ‘A Region at Risk: The Human Dimensions of Climate Change in Asia and the Pacific‘, se continueremo così, entro la fine del secolo la temperatura media globale aumenterà non di 1,5 gradi rispetto ai livelli pre-industriali, non di 2, ma di ben 4 gradi, con degli effetti disastrosi per tutti i continenti, a partire proprio dall’Asia. La sicurezza alimentare sarà infatti del tutto compromessa, e proprio per accaparrarsi le sempre più rare risorse nasceranno violenti conflitti armati, che porteranno a loro volta alla creazione di tantissimi profughi climatici. Nello specifico, stando allo studio, nei paesi asiatici e in quelli che si affacciano sul Pacifico, le persone costrette ad abbandonare le proprie case e diventare profughi climatici potrebbero essere circa un miliardo.
Una crisi dei migranti inimmaginabile
Come si legge nel documento, infatti, «l’aumento del livello dei mari, l’aumento delle temperature e l’aumento dei fenomeni meteorologici estremi non potranno che perturbare gravemente gli ecosistemi terrestri, così da portare a dei risultati drammatici in termini di approvvigionamento di cibo». Pensare ad un miliardo di profughi climatici è praticamente impossibile: per farsene un’idea, basta pensare al fatto che in Italia nel 2016, in piena crisi dei migranti, sono sbarcate ‘solamente’ 181.405 persone (dati Unhcr), e questo è bastato per mettere in crisi il nostro sistema di accoglienza.
Il livello dei mari aumenterà di oltre due metri per ogni grado centigrado
Quelle dello studio della Banca asiatica per lo sviluppo sono ovviamente solo delle stime, ma resta il fatto che questi calcoli sono basati sugli attuali tassi di inquinamento e di produzione di emissioni nocive. Seguendo questo trend, se la crescita media della temperatura sarà di 4 gradi centigradi, in alcune aree sarà molto peggiore, arrivando al raddoppio. Si calcola infatti che in zone come il Bangladesh, il Pakistan, l’Afghanistan, il Tagikistan e la Cina nord-occidentale le temperature potrebbero schizzare verso l’alto di 8 gradi, con tutte le terribili conseguenze che un simile aumento potrebbe comportare. Il rapporto ha ben espresso la mole dei danni attraverso la mole gigantesca di profughi climatici che questa andrebbe a produrre, ma anche se prese una per una le singole conseguenze non possono che far rabbrividire di terrore: per ogni grado centigrado in più rispetto all’era pre-industriale, infatti, il livello dei mari crescerà di 2,3 metri, andando a sommergere moltissime città costiere. L’acqua potabile, la quale è già oggi un bene prezioso in molte aree del mondo, diventerà ancora più rara, come risultato del cambiamento climatico e dell’aumento della popolazione mondiale.
Il ruolo dell’Asia e dei Paesi del Pacifico
«La crisi climatica globale è verosimilmente la più grande sfida che la civiltà umana deve affrontare nel 21° secolo, con la regione dell’Asia e del Pacifico al centro di tutto» ha spiegato Bambang Susantono, vice-presidente della Banca asiatica per lo sviluppo, aggiungendo che «questa area è la casa di due terzi della popolazione povera mondiale e va riconosciuta come la regione più vulnerabile ed esposta ai rischi del cambiamento climatico»
Non deve certo stupire la preoccupazione con la quale alcuni Paesi asiatici hanno accolto la decisione di Trump di uscire dagli accordi di Parigi: sarebbero infatti Paesi già oggi poverissimi come il Bangladesh a subire i primi contraccolpi. Ma questi Paesi, come sottolinea il direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research Hans Joachim Schellnhuber, non sono solo vittime passive. «I Paesi asiatici hanno il futuro del Pianeta nelle loro mani» ha infatti spiegato il professore, aggiungendo che «se loro sceglieranno di proteggersi contro le minacce del cambiamento climatico, aiuteranno l’intero pianeta».
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