Energia rinnovabile dalla gestione acque reflue, grazie ai batteri
Gli impianti di trattamento e gestione delle acque reflue potrebbero presto diventare dei produttori di energia. Rinnovabile, ovviamente. Come? Grazie ai batteri. Le ricerche in corso sono davvero tante ma due recenti studi appaiono particolarmente promettenti.
Gestione acque reflue, iMETland project
Il primo è un progetto di ricerca europeo, iMETland project, che sta sperimentando un impianto di depurazione a Carrión de los Céspedes, vicino Siviglia, in Spagna, che utilizza i batteri per la purificazione delle acque della città e per produrre allo stesso tempo l’energia necessaria alla sua alimentazione.
Le acque di scarico vengono sanificate in modo naturale grazie appunto all’azione di alcuni microbi selezionati che agiscono da conduttori di elettricità e attirano alcune forme di batteri che, grazie a questo processo elettrochimico, riescono a sopravvivere anche in assenza di ossigeno.
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Batteri elettroattivi
Questi batteri cosiddetti ‘elettroattivi’ riescono a purificare l’acqua fino a dieci volte più velocemente rispetto ai metodi tradizionali. I ricercatori hanno quindi riempito la vasca anziché di ghiaia di materiale conduttivo che, oltre a rappresentare un supporto fisico per i microrganismi, accelera i processi metabolici che purificano l’acqua.
“Il risultato è acqua pulita, con un costo energetico zero e nessun inquinamento residuo“, afferma Abraham Esteve-Núñez, ricercatore in biotecnologia ambientale e coordinatore del progetto iMETLAND.
Si sperimentano materiali elettrici
L’impianto sperimentale spagnolo è gestito dal Centro per le Nuove Tecnologie dell’acqua (Centre for New Water Technologies -CENTA-) un’istituzione di ricerca senza scopo di lucro. Progetti simili sono in corso in Messico, Argentina e Danimarca. In Danimarca, gli scienziati che lavorano a questo progetto europeo di ricerca sulla gestione acque reflue stanno testando vari materiali elettrici per trovare quelli che più efficienti al costo più basso. Fra questi c’è anche un residuo dell’industria petrolifera, alla cui superficie si attaccano i batteri, la cui conduttività consente agli elettroni di fluire, contribuendo alla decomposizione della materia organica.
I ricercatori utilizzano degli elettrodi speciali in vetro per misurare l’energia generata dai batteri elettroattivi a diverse profondità e per misurare il quantitativo di inquinanti rimossi. Questo il video del progetto di ricerca:
BioVolt: celle a combustibile microbiche
Un altro contributo importante arriva dagli Usa. Lo scorso mese la Cambrian Innovation, un’azienda di Boston, ha iniziato la prima fase di test di una cella a combustibile microbica presso il Naval Surface Warfare Center di Maryland. Il dispositivo, chiamato BioVolt, in un solo giorno riesce a purificare 2250 litri di acque reflue in acqua pulita, un quantitativo sufficiente a soddisfare le esigenze di almeno 15 persone. E non è tutto qui, perché la cella è in grado al tempo stesso di produrre energia elettrica.
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Gestione acque reflue, gli impianti tradizionali sono energivori
Se consideriamo che negli Stati Uniti gli impianti di gestione acque reflue consumano il 3% dell’energia prodotta, non stupisce che la ricerca sia da tempo impegnata per trovare delle soluzioni a minor impatto ambientale. Gli impianti di trattamento tradizionali utilizzano i batteri per metabolizzare il materiale organico presente nelle acque reflue che, alla fine del processo, rappresenta un terzo dei residui da smaltire. Prima di essere conferito in discarica questo mix microbico deve essere sterilizzato attraverso un trattamento chimico, che prevede l’utilizzo di un grande quantitativo di energia. Le celle a combustibile microbiche, invece, riescono a metabolizzare i contaminanti producendo al contempo elettricità.
Le potenzialità dei batteri
BioVolt utilizza ceppi di Geobacter e un altro microbo chiamato Shewanella oneidensis per il trattamento delle acque, trasformando il tutto in una specie batterica che produce da sola elettricità.
Sono diversi i team di ricercatori che stanno lavorando a delle versioni diverse di queste celle a combustibile microbiche. La scienziata Orianna Bretschger dell’Istituto J. Craig Venter di San Diego, in California, sta ad esempio testando la tecnologia in una fattoria gestita dalla Scuola Superiore di San Pasqual, nella vicina Escondido, al fine di gestire i circa 630 litri di liquami prodotti dagli animali al giorno. La stessa Bretschger è responsabile di un impianto pilota molto più grande che dovrebbe essere realizzato a Tijuana, in Messico, entro la fine dell’anno. Secondo la ricercatrice la tecnologia è sufficientemente matura per poter pensare a una commercializzazione nei prossimi tre o cinque anni.
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Impianti di depurazione sostenibile domestici
L’idea di tutti i ricercatori coinvolti nel progetto è quello di applicare il principio su una scala più grande, arrivando a trattare oltre 20 mila litri al giorno, ma anche di poter sviluppare sistemi di gestione acque reflue domestici. L’obiettivo è che le celle a combustibile microbiche possano diventare dei dispositivi diffusi e semplici da installare, come oggi avviene con il fotovoltaico.
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