Sostenibilità e coabitazioni: dalle comuni hippy al moderno co-housing. Cosa cambia?
E se gli hippies avessero avuto ragione? A distanza di quarant’anni dalla nascita di un movimento incentrato sul concetto di condivisione, sembra che si stia tornando a riscoprirne alcuni valori. Sostenibilità, riuso delle risorse e sharing economy sono di fatti gli stessi principi alla base della cultura hippy. Anche il concetto di comune, introdotto in una società industrializzata e che viaggiava sempre più in una direzione di individualismo, ha molto a che vedere con l’attuale co-housing, una delle pratiche più interessanti che si stanno sperimentando negli ultimi anni in nome di una maggiore responsabilità ambientale e sociale e che sta diventando un modello di business.
Sostenibilità e coabitazioni: il pionieristico BedZED
Pionieristico è stato sicuramente il progetto di sostenibilità e coabitazioni Beddington Zero Energy Development (BedZED) ideato da Sue Riddlestone e realizzato nel lontano 2002 vicino Wallington, a sud di Londra. BedZED, che avevamo citato in un recente articolo sugli sviluppi dell’architettura sostenibile in città, si compone di 82 residenze e da circa 2500 mq di spazio di lavoro e uffici, il tutto in un’ottica di basso impatto ambientale. Il complesso, progettato per massimizzare i guadagni termici, è dotato di sistemi che sfruttano le rinnovabili (impianti solari, cogenerazione bio-alimentata, windcatchers) e incentrati sul riuso (dall’acqua ai rifiuti) e soprattutto è stato concepito in un’ottica di condivisione e di collaborazione fra i vicini.
L’idealismo diventa necessità
Il risultato ha sicuramente superato ogni aspettativa e non è un caso se, a distanza di 15 anni, BedZed viene ancora preso ad esempio. Ma all’epoca in cui venne realizzato parlare di vita sana, felice e a basso impatto ambientale sembrava idealistico e forse anche un po’ fanatico. Poi è arrivata la consapevolezza dell’emergenza dei cambiamenti climatici e ciò che fino a quel momento sembrava una velleità è diventata necessità. Improvvisamente i modelli incentrati su sostenibilità e coabitazioni hanno iniziato a diffondersi sempre più, in un’ottica di comune in chiave moderna, dove si condividono risorse e spazi comuni ma vivendo ciascuno nel proprio appartamento.
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Il boom degli eco-villaggi
È nel 2006 che Riddlestone, insieme all’imprenditore sociale Pooran Desai, ha fondato la società immobiliare BioRegional, con il primo progetto di un eco-villaggio di 8mila abitazioni nella città cinese di Guangzhou.
Quattro anni dopo venne completata un’altra eco-comunità a Brighton sulla costa meridionale dell’Inghilterra e una a Middlesbrough, nello Yorkshire. Alla fine del 2015 ha invece aperto le porte North West Bicester, la prima eco-cittadina inglese, che al momento conta 6mila abitanti. Oltre ad essere a zero emissioni, grazie a sistemi che sfruttano le rinnovabili, il progetto è incentrato sulla promozione di uno stile di vita alternativo, dove si privilegia l’andare a piedi o l’uso di auto elettriche e il vivere gli spazi comuni – orti, parchi, aree giochi e una fattoria- condividendoli con il vicinato.
La coabitazione sta diventando una reale alternativa
Anche nel Nord America BioRegional, che nel frattempo è diventata sia una società di sviluppo immobiliare sia di consulenza per progetti affini, è piuttosto attiva. Ma non è l’unica realtà ad occuparsi di progetti si sostenibilità e coabitazioni. A Montain View, la casa di Gooogle, lo studio architettonico McCamant & Durrett sta costruendo una comunità di co-alloggi che consiste di 19 appartamenti e abitazioni unifamiliari dall’impronta ecologica. A San Pietroburgo, in Florida, è stato realizzato un complesso di co-housing per famiglie con bambini disabili, Ann Arbor, nel Michigan vanta tre eco-comunità, di cui la più famosa è Co-Housing Touchstone. La Germania, poi, è sicuramente il paese che sta dando maggiormente la spinta a questi progetti innovativi. A Weimar è in corso di realizzazione la riqualificazione di un vecchio ospedale che verrà trasformato in una comunità di 200 persone, ciascuna delle quali avrà il proprio appartamento ma condividerà con gli altri condomini alcuni spazi comuni. E non è l’unico esempio, se pensiamo che sul suolo tedesco si possono finora contare ben 545 progetti di coabitazione di vario tipo.
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Il co-housing attrae residenti, sviluppatori e investitori
Ciò che emerge da questo scenario è che il modello di comune rivisitato in chiave contemporanea è diventato attraente sia per gli sviluppatori che per i residenti. La sharing economy è una delle idee più potenti che sta guidando la transizione verso un modello economico diverso da quello attuale. E le pratiche di co-housing vanno in questa direzione, perché sono riuscite ad imporsi come un’alternativa più sostenibile, dal punto di vista economico, ambientale e sociale, rispetto ai modelli edilizi ed immobiliari tradizionali.
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