Aspettando la grande ‘ola’ dell’Earth Hour: un Pianeta al buio
In questi giorni sui nostri quotidiani nazionali c’è una specie di vuoto pneumatico di notizie: è quasi come se fosse la metà di agosto, e l’intero Paese si fosse fermato completamente, così da non lasciare grandi cose da raccontare ai giornalisti. Certo, c’è sempre il campionato, ci sono le notizie che arrivano dall’estero, e ci sono tante mezze notizie vuote di senso che arrivano dal mondo della politica, il quale sembra entrato con quasi un anno di anticipo in campagna elettorale. Insomma, sembra che non ci sia niente da dire, almeno dalle copertine. Eppure basterebbe girare qualche pagina – o, nel caso delle testate online, cliccare verso le sezioni interne – per rendersi conto che notizie importanti ce ne sono, eccome. Ci interessiamo – poco – di quello che succede in Parlamento, ma invece siamo desiderosi di sapere ogni dettaglio dello stato di salute del tal calciatore ultrapagato, se non della vita pseudo privata dell’ennesima starletta della televisione. Della salute del nostro Pianeta, invece, sembra ci interessi un po’ poco: certo, la sensibilità è aumentata negli ultimi anni, ma non ha sicuramente raggiunto dei livelli sufficienti per fare davvero cambiare la situazione. Per questo motivo anche quest’anno va in scena l’Earth Hour, quell’Ora della Terra che è il più grande evento a livello globale dedicato al nostro Pianeta e al suo clima in forte cambiamento.
Sabato 25 marzo Earth Hour
Ma cosa c’è da dire sul clima e sull’ambiente? Chi ci legge assiduamente certo non ha bisogno di tante lezioni. Ma quante notizie possono essere davvero più importanti del fatto che ogni singolo mese che stiamo vivendo fa segnare nuovi record (o quasi) per quanto riguarda il rialzo medio delle temperature? Il febbraio 2017, per esempio, è stato il secondo più caldo a partire dal 1880 (il record rimane a febbraio 2016, con 1,1 gradi centigradi sopra alla media). Ed è proprio per questo che il 25 marzo il mondo intero rallenterà per sessanta minuti per l’Earth Hour, evento ambientalista che è nato in Australia nel 2007: quell’anno infatti dalle 19.30 alle 20.30 del 31 marzo di quella prima Ora della Terra parteciparono ‘solamente’ 2,2 milioni di persone. Ma già a partire dall’anno successivo l’Earth Hour era diventato davvero globale, spegnendo anche il Colosseo e persino il Municipio di Venezia. Dal Cristo Redentore al Ponte sul Bosforo, da Piazza Navona alla Torre Eiffel, ormai è l’intero mondo a spegnere tantissimi luoghi simbolo – ma non solo – per manifestare contro i cambiamenti climatici.
Le stime dell’OMS: 250 mila morti l’anno
Organizzatore principale dell’Earth Hour, nel 2007 come nel 2017, è ovviamente il Wwf, che anche quest’anno approfitta dell’evento per sensibilizzare i cittadini di tutto il mondo intorno ai rischi del riscaldamento globale. E come l’organizzazione ambientalista ha voluto sottolineare ancora una volta attraverso un comunicato,
«secondo l’OMS tra il 2030 e il 2050 il cambiamento climatico potrebbe causare circa 250.000 ulteriori morti l’anno per malnutrizione, malaria, diarrea e stress da calore. A livello globale, il numero di disastri legati al clima è più che triplicato dal 1960. Questi disastri si traducono in oltre 60.000 morti, principalmente nei paesi in via di sviluppo»
Di certo a livello globale non esistono solamente problemi immediatamente legati al clima. Eppure il cambiamento climatico non può che peggiorare ed esacerbare ogni singolo problema, dalle piaghe economiche sociali alle migrazione, per no parlare poi dei disturbi della salute che non potrebbero che peggiorare di fronte a delle peggiori condizioni climatiche. Per ricordare a tutti l’importanza della sostenibilità, del rispetto dell’ambiente e della battaglia contro l’inquinamento, l’appuntamento con l’Earth Hour torna quindi sabato 25 marzo, a partire dalle 20.30, con una gigantesca ola di buio intorno alla Terra.
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