REbuild, la piattaforma che anticipa l’innovazione del settore edilizio
È dal settore dell’edilizia che bisogna partire per poter immaginare un futuro più sostenibile per l’ambiente. Non soltanto perché gli edifici sono i maggiori responsabili dei consumi energetici e delle conseguenti emissioni inquinanti ma anche perché il comparto legato alle costruzioni è uno dei più complessi, dove si annidano limiti enormi da superare ma al tempo stesso grandi potenzialità evolutive. Non potevamo quindi che concludere il nostro primo Speciale dedicato all’Edilizia Circolare riservando uno spazio importante a REbuild.
Nata nel 2012 grazie all’intuito di Habitech e al supporto di Riva del Garda Fiere e Congressi, la manifestazione trentina è diventata nel corso degli anni un incubatore di innovazioni e idee per la filiera delle costruzioni e del real estate. Attorno alla convention internazionale si è creata una community di persone, professionisti e organizzazioni in grado di generare, di anno in anno, prospettive e stimoli per ripensare il settore, sviluppando nuovi strumenti, modelli e paradigmi orientati ad una trasformazione del building in un’ottica di sostenibilità ed efficienza.
Per comprendere meglio le potenzialità di una piattaforma che sta guidando la trasformazione del settore abbiamo intervistato il suo fondatore, Thomas Miorin, che ci ha concesso una breve video intervista di presentazione della kermesse, che vi proponiamo in fondo all’articolo, e con cui abbiamo avuto poi modo di approfondire alcune tematiche fondamentali.
Thomas Miorin, Fondatore di REbuild
Cosa differenzia REbuild dalle tradizionali kermesse del settore?
REbuild non è una fiera e non è soltanto una convention, ma è una piattaforma di open innovation, un vero motore di creazione di contenuti di innovazione per il settore del real estate. Un ruolo che si è guadagnato anche perché ha saputo interpretare e sviluppare un processo di convergenza con altri settori, come quello dell’energia, della mobilità, dell’ict e della social innovation, in cui il comparto del building è coinvolto.
Quello che ci distingue è anche la capacità che abbiamo dimostrato negli anni di saper anticipare i trend del settore e di farli diventare argomenti di discussione. Nel 2012 abbiamo parlato di riqualificazione, che poi è diventato il mercato degli anni successivi. Nel 2013 ci siamo occupati di green retrofit e nel 2014 di deep renovation, temi che si sono rivelati centrali. Nel 2015 abbiamo introdotto il tema dell’industrializzazione e nel 2016 quello della circular economy e del digital.
Siete stati fra i primi a porre i temi della riqualificazione e dell’innovazione all’attenzione degli attori chiave del settore. Cosa è cambiato in sei anni?
Essere anticipatori non è mai semplice. Quando ad esempio abbiamo introdotto, ormai 10 anni fa, con Habitech i temi del green e della certificazione Leed abbiamo ricevuto molte porte in faccia. Adesso la sostenibilità ambientale e l’efficienza energetica sono il motore della nuova edilizia. Stessa cosa è accaduta con la prima convention di REbuild, incentrata su due temi: riqualificazione e sostenibilità. All’epoca il retrofit era visto come l’ultima opportunità per il mercato perché era una nicchia dove i margini di redditività sono ridotti e non si facevano grandi affari. Oggi il recupero è diventato mainstream, è senza dubbio il mercato di riferimento del comparto. Però noi guardiamo oltre: bisogna cambiare modello.
Nella scorsa edizione avete parlato di economia circolare. E’ questo il modello a cui si riferisce? E cosa si dovrebbe fare per farlo diventare dominante?
Secondo i dati di una ricerca internazionale da qui al 2030 ci saranno 1010 mld di euro disponibili come benefici diretti e indiretti dall’applicazione dei principi dell’economia circolare all’edilizia.
Se consideriamo che il mercato italiano rappresenta circa l’8-9% di quello europeo, significa che ci saranno più di 6 mld di euro all’anno di benefici impliciti che il settore può trovare all’interno delle proprie inefficienze.
Per raggiungere questi risultati va chiaramente adottata una logica di filiera. Non è la singola azienda che deve cambiare ma sono i processi e i business model dell’intero comparto a dover evolvere.
L’economia circolare insieme all’industrializzazione sono le driving forces per trasformare il settore su larga scala. La grande sfida e il primo passo da compiere è quello di imparare a conoscere approfonditamente i modelli di business che funzionano per applicarli al settore del real estate. Serve una ridefinizione del prodotto edilizio e un riallineamento del settore economico-finanziario su basi tecnologiche incentrate sull’economia circolare e approcci di edilizia industriale.
L’edilizia è però notoriamente uno dei comparti che fa maggiormente fatica ad evolversi e ad abbracciare l’innovazione. Quali sono le sfide digitali che dovrebbero essere accolte?
Distinguerei tre ambiti di applicazione del digitale all’oggetto immobiliare.
Il primo è la dimensione del digitale nell’edificio. Oggi il prodotto immobiliare si arricchisce di molteplici funzioni digitali sia in termini di gestione, misura e controllo di sistemi e dispositivi sia in termini di features che danno valore all’oggetto. E questo implica una progettazione diversa.
Il secondo è il tema del processo edilizio. Ultimamente si parla molto del BIM (Building Information Model, ndr) che rappresenta il supporto intorno al quale viene integrato tutto il processo di progettazione, realizzazione e funzionamento dell’edificio, che è sempre più complesso. Il BIM però non è soltanto uno strumento per coordinare i soggetti della filiera ma anche il mezzo che può consentire l’accesso all’industria 4.0. Se si vuole sviluppare un’edilizia industriale servono infrastrutture digitali che lavorino su più dimensioni e che colleghino la singolarità dell’immobile con la scala della produzione industriale.
Il terzo ambito è quello del mercato, delle piattaforme di intermediazione, che intercetteranno l’incontro fra domanda e offerta. Internet non è ancora arrivato nel comparto dell’edilizia ma sarà uno dei grandi driver del futuro. Pensiamo ad Amazon Home Services o altri portali tematici che attualmente offrono alcuni servizi ma che domani offriranno sicuramente anche l’accesso diretto a materiali, componenti e servizi di costruzione.
Sul fronte della sostenibilità ambientale del costruito nota una maggiore sensibilità?
Credo che ci sia una maggiore consapevolezza, a partire dagli stessi singoli cittadini. Il rilievo che è stato dato al tema dell’inquinamento, specie negli ultimi due inverni, ha contribuito alla diffusione di conoscenza in merito alle emissioni nocive degli impianti di riscaldamento o all’importanza della qualità dell’aria interna. Anche l’obbligo della certificazione energetica per le abitazioni è stato un modo per conoscere le prestazioni energetiche degli edifici e anche per capire, in realtà, che i consumi non dipendono tanto dalle caratteristiche degli edifici ma soprattutto dai comportamenti degli occupanti e dalla gestione degli impianti.
Un ultimo aspetto che sta prendendo sempre più piede è quello della sostenibilità legata al concetto di comfort, di benessere degli occupanti. Per il momento è un tema legato a una nicchia alta ma è destinato ad assumere sempre più importanza.
A proposito di nuovi trend, quali saranno i temi di REbuild 2017, che si terrà il 22-23 giugno a Riva del Garda?
In questi anni abbiamo esplorato i modelli di business più avanzati e di successo a livello europeo. Quello che vogliamo fare quest’anno è dare una declinazione molto concreta di questi modelli nel mercato edilizio italiano, che si compone prevalentemente di condomini. Gli incentivi che sono stati varati negli ultimi mesi (Ecobonus Condomini, ndr) aprono in questa direzione e quindi cercheremo di capire, grazie a casi di studi internazionali e nazionali, quali sono i migliori modelli di riqualificazione.
Altro tema sarà quello della qualità dell’ambiente interno, analizzato in particolar modo nelle due declinazioni di salubrità e produttività. E’ un tema vasto e importante perché riguarda sia la presenza di VOC, provocata ad esempio dai materiali, sia di una scarsa qualità dell’aria per un utilizzo scorretto o una scarsa manutenzione degli impianti.
Il resto è ancora un work in progress…
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