Climate change: l’impatto dell’uomo sul clima è 170 volte superiore a quello della natura
Di certo questo non basterà a convincerli. D’altronde cosa potrebbe aiutare in quel senso? Chi di loro poteva capire, in realtà ha molto probabilmente già compreso, e non fa altro che perpetuare una pantomima a favore dei propri interessi industriali, dei propri elettori e soprattutto di sé stesso. Chi invece non poteva capire… beh, non capirà mai. Eppure la tentazione sarebbe quella di strappare le pagine della rivista Anthropocene Review, le quali contengono lo studio di cui vi vogliamo parlare oggi, piegarle, metterle in una busta e inoltrare direttamente a Trump. O magari a Myron Ebell, il negazionista climatico che il tycoon aveva messo alla guida dell’EPA durante la transizione presidenziale. Questo studio, come molti altri, dimostra l’impatto dell’uomo sulla Terra, e quantifica la componente umana dell’attuale crisi climatica. Ma lo fa da un punto di vista del tutto particolare, andando a calcolare quanto sia importante e decisivo l’impatto dell’uomo rispetto a quello di altri geofisici e astronomici.
La ricerca sull’impatto dell’uomo sul clima dell’Australian National University
Il lavoro in questione è stato realizzato e pubblicato su Antropocene Review da un team di ricercatori dell’Australian National University. Responsabile dello studio è il chimico ed esperto di cambiamenti climatici Will Steffen, che parte dalla promessa fondamentale per la quale «per 4,5 miliardi di anni fattori astronomici e geofisici hanno influenzato e determinato le caratteristiche del ‘sistema Terra’». Come sappiamo tutti quanti, infatti, il nostro Pianeta non è di certo stato sempre uguale. Le interazioni tra l’atmosfera e la biosfera, tra la litosfera e l’idrosfera e tra tutti questi diversi elementi hanno infatti determinato grandissimi cambiamenti nelle diverse epoche. Il problema, però, come spiega Steffen, è che «negli ultimi 40-50 anni l’umanità ha spinto i cambiamenti climatici in una certa direzione con una velocità mai vista prima. Al confronto, gli altri parametri sono insignificanti».
In direzione ostinata e contraria
Indice del cambiamento climatico del Pianeta è, ovviamente, la temperatura. Quando si parla di riscaldamento globale, solitamente i negazionisti dello stampo di Trump e Ebell affermano che già tantissime altre volte la temperatura del Pianeta è salita e diminuita, senza il bisogno dell’impatto dell’uomo. Questo, in effetti, è verissimo: persino i bambini delle elementari studiano il susseguirsi delle varie glaciazioni. Ma lo studio dei ricercatori dell’Australian National University – ancor più di quanto fatto da altri lavori di questo genere – va a legare a doppio filo la salute del nostro Pianeta con l’impatto dell’uomo, differenziando meticolosamente i fattori che hanno portato all’attuale cambiamento climatico. Il preambolo della ricerca parte ricordando che negli ultimi 7 millenni la temperatura è diminuita mediamente di 0,01 °C per ogni secolo. A influenzare in questo modo sensibile il clima del Pianeta sono stati dei fattori del tutto naturali. Ma come fa notare Will Steffen, «negli ultimi 45 anni, però, è aumentata con una media che porta a 1,7 °C per secolo», il che, se confrontato con l’andamento precedente, segna «un trend opposto e di ben 170 volte superiore».
Le conseguenze di una variazione 170 volte più grande
Come spiegare un tale incredibile cambio di passo – e in una direzione ostinatamente contraria – se non con l’impatto dell’uomo conseguente all’industrializzazione di massa? Come ha infatti voluto sottolineare Steffen attraverso quella che viene definita l’equazione dell’Antropocene, «l’azione dell’uomo sta portando la Terra al di fuori di quella oscillazione di condizioni che ha vissuto per centinaia di migliaia di anni, che ha visto alternarsi periodi glaciali e periodi più caldi». Ovviamente l’oscillazione – seppur millenaria – tra glaciazioni e periodi più caldi non è favorevole all’uomo. Eppure essere a conoscenza del susseguirsi dei vari periodi climatici avrebbe reso possibile una gestione pianificata della difficoltà. Per colpa dell’impatto dell’uomo, invece, «oggi non sappiamo che cosa può accadere: navighiamo in un mare di cui non conosciamo nulla».
L’Antropocene come terza evoluzione della biosfera terrestre
Dopo aver spiegato l’estrema centralità dell’impatto dell’uomo nel cambiamento climatico, lo studio prosegue prendendo proprio questo processo come elemento fondante di una nuova era geologica. Come ha infatti spiegato Steffen,
«l’impressionante perdita di biodiversità che stiamo sperimentando negli ultimi decenni ha convinto molti ricercatori sul fatto che l’Antropocene segna la terza tappa nell’evoluzione della biosfera terrestre, dopo la nascita della vita circa 3,5 miliardi di anni fa e l’esplosione della vita, nel Cambriano, 650 milioni di anni fa»
Di certo, però, questa era non sembra portare dei risultati positivi per la vita sul nostro Pianeta, anzi. Ma non è troppo tardi, e si può certamente ancora invertire la rotta. Ogni tipo di azione – l’eliminazione delle fonti energetiche fossili, il recupero, il riuso, l’azzeramento dello spreco eccetera – deve però essere messa in atto ora, subito. Sempre Steffen ha infatti ricordato che «l’economia globale può funzionare lo stesso anche riducendo a zero le emissioni: la ricerca dimostra che possiamo dare da mangiare a nove miliardi di persone riducendo allo stesso tempo le emissioni».
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