Rivitalizzazione urbana, la speranza Detroit
Detroit è una città che con la crisi del mercato dell’auto ha conosciuto un crollo verticale e velocissimo. Negli Stati Uniti, per darvi un’idea, si dice che non hai conosciuto davvero la povertà se non ti sei fatto un giro nelle periferie di Detroit. In questa situazione, in realtà ancora molto annebbiata e in cui si fatica a individuare degli indizi che possano far pensare a un cambiamento repentino, è innegabile che qualcosa si stia muovendo e che sia in atto un processo di rivitalizzazione urbana. Questa è una storia che nasce e si sviluppa a Detroit, ma è una storia che potrebbe essere raccontata per qualsiasi periferia in un’epoca di crisi. Da Roma sud a Milano Nord.
Agricoltori di città, gli artefici della rivitalizzazione urbana
Si stima che gli agricoltori urbani siano in crescita nei sobborghi di Detroit e che circa 1.500 di loro coltivino ogni anno, lì dove prima c’erano case e parchi, la bellezza di 400 mila chili di prodotti freschi, frutti della terra della zona metropolitana.
Detroit non ha certo carenza di terreni (abbandonati o confiscati che siano) divenuti di proprietà della città, ma accedervi può risultare più difficile del previsto. In un città abbandonata a se stessa? Non si direbbe ma questo è quello che trapela dalle lamentele di chi vorrebbe comprare più terra ma è costretto ad attendere i tempi del Land Bank di Detroit che detiene 95,387 appezzamenti di proprietà.
La paura degli agricoltori è che si stia aspettando una ripresa per vendere a un costo maggiore questi appezzamenti, ma la domanda poi è inevitabile: che ne sarà nel bel mezzo di una nuova speculazione edilizia di chi sta tenendo vivo un tessuto sociale attraverso l’agricoltura, l’allevamento e la rivitalizzazione urbana?
Il trend del decennio
Anche se l’agricoltura è stata a lungo una elemento fondamentale per tenere compatto il tessuto di Detroit, la sua popolarità è aumentata vertiginosamente negli ultimi dieci anni e mezzo. Nel 2000, c’erano circa 80 aziende agricole entro i confini della città; oggi, sono quasi 1.500. Questi spazi sono diversi e sono distribuiti in tutta la città e in tutte le direzioni con mille sfumature diverse e ognuno con le sue caratteristiche.
Ci sono ovviamente degli spazi riconvertiti per generare profitto e altri senza fini di lucro col solo scopo di rendere una città quasi morta un po’ più bella, sicura, banalmente, anche se banale non lo è per nulla: vivibile. Questi nuovi contadini urbani non rispecchiano un particolare identikit ma sono invece lo specchio di una città eterogenea e variegata per sesso, razza e posizione socio economica.
Un circolo virtuoso è possibile
Diversi architetti del paesaggio vedono in Detroit una grande potenziale, una possibilità per le aziende agricole per mettersi in regola e oltre al benessere ambientale creare anche un circolo virtuoso capace di generare lavoro, reddito e benessere.
“È semplicemente in corso un atto di rivitalizzazione urbana e di resistenza“: lo afferma Devita Davison il marketing manager e direttore della comunicazione del FoodLab Detroit, un programma di incubatore per gli imprenditori alimentari locali. Qui la cavalleria non è venuti a salvarli, dice, e ci hanno dovuto pensare da soli.
Non è un paese per zombi
Non si tratta di un Paese abbandonato agli zombi, anche se a guardare molte foto sembra di stare più sul set di “The walking dead” che in un ex impero dell’automobile made in USA, ma tant’è. Tra scappare e rimanere e tra rimanere e delinquere c’è chi ha deciso di restare e provare a resistere, gettando i semi, in ogni senso per far rinascere qualcosa di buono e di migliore. La domanda però non possiamo non farcela ed semplice e una soltanto: dov’era l’amministrazione mentre una Città famosa in tutto il mondo diventava piano piano un sobborgo fantasma? Qualcuno tutto questo lo ha evidentemente permesso.
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