report ambientali europei
Inquinamento

Basta infrazioni: arrivano i report ambientali europei

Per salvaguardare l’ambiente non serve solo un impegno maggiore: serve anche più controllo dall’alto. Per questo motivo la Commissione Europea, a partire dall’inizio di febbraio, si è dotata di un nuovo strumento per monitorare ed incoraggiare l’adozione delle politiche ambientali già previste dall’Unione in tutti i Paesi membri. Tale strumento si chiama Environmental Implementation Review, e consiste in una serie di report ambientali europei dedicati ognuno ad uno stato membro. Si parla dunque di 28 documentazioni differenti sullo stato dell’arte dell’implementazione delle politiche ambientali, le quali verranno ovviamente revisionate periodicamente. Ognuno dei report ambientali europei riporta quindi le criticità e i punti di forza a livello nazionale, sottolineando i passaggi necessari e suggerendo ulteriori azioni da adottare sia sul breve che sul lungo termine.

Le tematiche principali dei report ambientali europei

I report ambientali europei realizzati dalla Commissione puntano a stimolare un dibattito positivo sulle sfide che aspettano i paesi membri. I temi toccati dalla prima revisione delle politiche ambientali comunitarie sono molti: tra tutti spicca la gestione dei rifiuti. Il settore del waste management, infatti, rappresenta una sfida aperta ancora per tutti i 28 membri dell’Unione Europea. Oltre ai rifiuti, i report ambientali europei prendono in considerazione la gestione e la qualità delle acque, l’inquinamento acustico, l’inquinamento dell’aria e la protezione della natura e della biodiversità.

I benefit della piena implementazione delle politiche ambientali comunitarie

Come spiega la Commissione nella comunicazione ufficiale dei report ambientali europei, sono gli stessi cittadini a spingere verso un maggiore controllo delle politiche ambientali: l’80% degli intervistati è infatti convinto che l’UE dovrebbe avere la possibilità di controllare attivamente se le normative ambientali vengono applicate correttamente in ogni singolo Paese. Nella stessa sede, la Commissione spiega che, se tutti i requisiti a livello ambientali fossero implementati correttamente da tutti gli stati membri, le conseguenze benefiche sarebbero immediate. Ecco le principali:

  • la piena implementazione delle nuove politiche nella gestione dei rifiuti porterebbe alla creazione di 400.000 nuovi posti di lavoro nel waste management
  • se l’attuale legislazione europea sulle acque venisse implementata completamente e concretamente da tutti gli stati membri, e se tutti i bacini d’acqua raggiungessero uno status sufficiente di qualità, i benefici annuali potrebbero raggiungere come minimo i 2,8 miliardi di euro
  • la piena implementazione della rete ecologica Natura 2000, la quale garantisce il mantenimento degli habitat naturali europei, porterebbe alla creazione di 174.000 posti di lavoro.
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Indice EcoInnovazione UE 2015

Risparmiare 50 miliardi di euro all’anno

I vantaggi della piena applicazione delle legislazioni ambientali comunitarie non sono ovviamente solo questi sopra riportati. Basti pensare che, se correttamente attuate, tutte le politiche green potrebbero far risparmiare annualmente all’UE 50 miliardi di euro in costi sanitari e ambientali. I benefit dell’implementazione reale delle leggi già presenti sarebbero grandiosi, eppure nessun Paese può affermare di aver fatto tutto il possibile. Di fatto, ad oggi, quando le politiche comuni non vengono rispettate, la Commissione può intervenire attraverso un’azione legale. E noi italiani lo sappiamo fin troppo bene: si tratta infatti di infrazioni e di multe salatissime, delle quali il nostro Paese è un vero collezionista. Basti pensare che, solamente per la piaga delle discariche abusive, il nostro Paese si è visto arrivare ammende per oltre 50 milioni di euro.

Stop all’applicazione a macchia di leopardo

Negli anni, però, le infrazioni sono andate sommandosi, senza portare a dei veri e propri risultati. Per questo motivo, con i report ambientali europei, la Commissione cambia tattica. Invece di puntare tutto sulle vie legali e sulle infrazioni, i vertici europei cercheranno di collaborare con ogni stato membro, per applicare in ogni singolo caso le più urgenti norme ambientali. Come ha infatti commentato Karmenu Vella, Commissario Ue per l’Ambiente, « un’applicazione frammentaria e non uniforme delle norme ambientali non rende servizio a nessuno» mentre

«il miglioramento delle modalità di applicazione del diritto ambientale va a vantaggio dei cittadini, delle amministrazioni pubbliche e dell’economia. È qui che entra in gioco il riesame dell’attuazione delle politiche ambientali. La Commissione europea si impegna ad aiutare gli Stati membri a garantire ai loro cittadini una qualità eccellente dell’aria, dell’acqua e della gestione dei rifiuti. Il riesame dell’attuazione delle politiche ambientali fornisce le informazioni, gli strumenti e il calendario per raggiungere questo obiettivo».

Il report italiano: i punti di luce…

Quella che emerge dal nostro country report è un’Italia con degli alti e dei bassi. Sul profilo generale si sottolinea infatti che «l’attuazione delle politiche ambientali rappresenta per l’Italia una sfida, in considerazione delle notevoli divergenze regionali esistenti in termini di gestione delle risorse idriche e dei rifiuti». Viene messo in evidenza come, nell’ultimo periodo, molte regioni italiane abbiano messo in campo dei progetti aderenti ai principi dell‘economia circolare, ma d’altro canto viene anche ricordato come non esista nessuna politica nazionale nella stessa direzione. Il report lamenta poi l’occasione persa del Green Act, annunciato nel 2015 e poi lasciato cadere nel dimenticatoio. Tra gli highlights italiani sottolineati dal report si contano la buona valutazione delle misure della normativa sulla Green Economy, non disgiunta dal plauso per il piano nazionale sulla prevenzione dello spreco di cibo. Oltre a questo, l’Italia è riconosciuta come il Paese più attivo, a livello europeo, nell’utilizzo di EMAS; altro primato che spetta all’Italia è quello del maggior numero di prodotti ecolabel. Un’ulteriore nota positiva, poi, proviene dall’analisi della produttività delle risorse, dove l’Italia può vantare presentazioni superiori alla media, con un pregevole 3,04 €/kg di fronte ai 2 €/kg dell’UE.

… e le aree d’ombra

Questi, dunque, i punti di luce del sistema Italia, così come vengono rappresentati dal report a noi dedicato. Non mancano però, come detto, le ombre. Tra le altre cose viene per esempio sottolineata la carenza del sostegno pubblico per le PMI che scelgono di far entrare il proprio business nei paradigmi della green economy. L’aiuto statale alle piccole aziende è definito senza mezzi termini ‘esiguo’, il che sembra un vero e proprio controsenso di fronte alle possibilità offerte dalla green economy. Nel report si legge infatti che

«la transizione verso un’economia efficiente sotto il profilo delle risorse si tradurrà in nuovi posti di lavoro legati al riutilizzo, alla riparazione o al riciclaggio. In Italia, si potrebbero creare 117 000 nuovi posti di lavoro e si potrebbero garantire 327 000 posti di lavoro se le PMI in quattro settori (prodotti alimentari e bevande; energia, energia elettrica e pubblici servizi; tecnologie ambientali; edilizia) utilizzassero appieno il loro potenziale in termini di efficienza delle risorse».

Ma la maggior parte delle criticità vengono individuate – in Italia come altrove, va ammesso – nel settore della gestione dei rifiuti: si citano le differenze tra Meridione e Settentrione, la necessità di potenziare la raccolta differenziata e di realizzare gli impianti necessari. Tra i consigli del report per migliorare il waste management italiano, si legge tra le altre cose l’invito a «introdurre una tassa nazionale sulle discariche oppure armonizzare le imposte regionali in modo da eliminare gradualmente il conferimento in discarica di rifiuti riciclabili e recuperabili».