Ritorna il carbone in Italia? Il governo riapre 2 impianti
Bloccate le procedure di chiusura di due centrali a carbone
Il nostro governo sembra rimangiarsi alcuni dei buoni propositi sul carbone in Italia: il Ministero dello Sviluppo Economico ha infatti intimato all’Enel di bloccare la procedura di chiusura di alcune obsolete e ormai in disuso centrali a carbone. Non sono ovviamente tardate le proteste degli ambientalisti, ai quali pare di vedere all’orizzonte anni di battaglia andare letteralmente in fumo. Ma quali sono i motivi di questo repentino e del tutto inaspettato dietrofront? C’entrano l’inverno e il fermo di alcuni reattori nucleari francesi.
Perché si torna al carbone in Italia?
Per capire le ragioni del rinvio della procedura di chiusura di alcune centrali a carbone in Italia bisogna quindi gettare lo sguardo aldilà delle Alpi. Qualche tempo fa le autorità francesi hanno infatti scoperto un’anomalia in un rivestimento di cemento della centrale nucleare di Flamanville, in Normandia. Da questo piccolo – ma pericoloso – inghippo è iniziato un processo che ha avuto ripercussioni in buona parte dell’Europa. Partendo da quella piccola ‘crepa’ il governo francese ha infatti disposto lo stop di ben 21 reattori sul totale nazionale di 48. Con più di un terzo delle centrali nucleari spente, la produzione energetica del Paese ha ovviamente avuto un serio tracollo, peggiorato dal sopravvento di un inverno particolarmente rigido. In Francia si stanno infatti registrando temperature di ben 3 gradi più basse rispetto alla media stagionale, fattore che logicamente ha avuto delle ripercussioni molto forti sul fabbisogno energetico. Per correre ai ripari, il Ministro dell’Ambiente Segolene Royal ha convocato un vertice d’emergenza con le aziende elettriche nazionali, durante il quale si è deciso di tagliare momentaneamente l’esportazione di energia, e al medesimo tempo di aumentare il livello di importazione. Di fatto questa, per un paese che produce il 75% della propria energia con il nucleare, era l’unica strada percorribile. Ma cosa c’entrano con tutto questo le centrali a carbone in Italia?
Carbone in stand-by in Liguria e Umbria
Come è noto, il nostro Paese non è energeticamente indipendente: molta dell’elettricità che utilizziamo ogni giorno viene infatti importata da altri Paesi, tra i quali si conta anche la Francia. Il blocco dell’export deciso da Royal ha dunque messo in potenziale affanno la nostra rete elettrica, e proprio per questo il Ministero dello Sviluppo Economico italiano avrebbe contattato Enel per fermare lo smantellamento delle sue centrali a carbone. Nel mirino del governo sono dunque entrate la centrale termoelettrica di Genova Lanterna, quella di Bastardo in Umbria e la centrale a gas A2A di Chiasso. Va precisato che nessuna delle centrali è entrata automaticamente in funzione: l’ordine del Ministero è infatti stato quello di porre gli impianti in stand-by, ovvero pronti all’uso.
La reazione dei portuali genovesi
Le reazioni sono state eterogenee. Per quanto riguarda la centrale a carbone di Genova, per esempio, ad esultare sono stati molti disoccupati provenienti dalla manovalanza portuale, i quali hanno intravisto in questa apertura del Ministero un’opportunità lavorativa. Riaprire l’impianto di Lanterna significherebbe infatti una riapertura delle importazioni di carbone, con tutti i nuovi posti lavorativi ad essa correlati. Eppure la riapertura di queste centrali non sarebbe assolutamente una buona leva per l’economia generale italiana. A causa dell’aumento della domanda, in Italia come in altri Paesi europei il prezzo dell’elettricità è salito. Per ora il costo unitario delle nostre bollette è aumentato dello 0,9%, e potrebbe incrementare anche di più, se in territorio francese si tardasse a tornare alla normalità.
Wwf: tutte scuse, il carbone in Italia non serve più
Di tutt’altro avviso sono invece gli ambientalisti, Wwf Italia in testa. L’organizzazione per la protezione della natura ha infatti ricordato come l’Enel sei mesi or sono aveva annunciato l’ultimo carico di carbone diretto alla centrale di Genova, la quale era stata di fatto messa in lista insieme ad altre 22 centrali in via di smantellamento. Secondo il Wwf, quella del Ministero sarebbe solamente una scusa: il carbone in Italia non servirebbe a nulla, in quanto nel nostro Paese ci sono molte impianti a gas a ciclo combinato che possono benissimo sopperire alla crisi energetica franco-italiana, con un minore impatto sull’ambiente e sulla salute. Come ha voluto sottolineare Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del Wwf Italia,
«è una decisione gravissima che usa scuse rese risibili dalla enorme sovra capacità italiana: siamo in grado di produrre quasi 117 GW di energia elettrica a fronte del massimo picco di domanda interna di 60,5 GW. In realtà, si riapre al carbone dopo che erano venute prese di posizione e impegni formali per l’abbandono di questa fonte pericolosa sia per la salute che per l’ambiente e letale per il clima (produce 2 volte di più CO2 delle centrali a gas)».
L’ira dell’organizzazione ambientalista non si ferma però qui, andando ben oltre. Come sottolinea Midulla, infatti, questa azione si potrebbe persino configurare come una violazione del libero mercato, in quanto «Enel è diventata una SPA».
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