Un nuovo modello economico per l’edilizia
Oggi vogliamo parlare di edilizia circolare. Per capire i motivi e le potenzialità di questo nuovo modo di pensare al settore delle costruzioni, però, bisogna allargare un po’ lo sguardo agli attuali trend delle politiche ambientali europee. Tre, infatti, sono i concetti centrali delle politiche ambientali europee attuali, tutti e tre reciprocamente complementari: il primo è lo sviluppo sostenibile, il secondo è la green economy e il terzo, l’ultimo arrivato, è l’economia circolare. Ma cos’è concretamente questo nuovo modello economico di cui sentiamo tanto parlare? L’economia circolare mette al centro dell’attenzione la sostenibilità del sistema, sia a livello ambientale che economico e sociale. Questo nuovo modello economico circolare è opposto a quello ‘lineare‘, ovvero a quello odierno, le cui parole chiave sono «prendi, produci, usa e getta». Il nostro sistema, da questo punto di vista, è dominato dal cassonetto dei rifiuti, in quanto i prodotti che consumiamo sono realizzati per rispondere ad un solo bisogno, senza essere riutilizzati o riparati. Ancora peggio: molti beni vengono acquistati e quindi cestinati non tanto come risposta ad un bisogno, quanto per soddisfare un desiderio di diversificazione. Le parole chiave dell’economia circolare, invece, sono «riusa, ricicla e recupera».
Un nuovo modello economico, o meglio, dimenticato
Non stiamo certo parlando di un nuovo modello economico futuristico e del tutto inusitato: nelle epoche precedenti all’era industriale, infatti, le economie rurali ed agricole mettevano spontaneamente in atto il riutilizzo e il riciclo sistematico. Come dicono alcune nonne ancora oggi, infatti, allora «non si buttava via niente». I vecchi abiti venivano riutilizzati per confezionare stracci, altri vestiti, coperte, e persino tendaggi: gli esempi, in questo senso, potrebbero essere infiniti. Quel lungo ciclo di vita dei beni, però, è stato troncato dalla rivoluzione industriale, la quale ha tranciato la imponendo un modello produttivo ed economico lineare – ed insostenibile, soprattutto sul lungo periodo. Gli effetti di questo modo di pensare e di agire li conosciamo fin troppo bene, inquinamento in testa. Ed è proprio questa esasperata insostenibilità dell’attuale modello economico che sta spingendo pian piano alcune delle classi dirigenti più illuminate verso un’economia circolare, la quale deve entrare in tutti i settori produttivi: dal manifatturiero all’agricoltura, fino alle settore delle costruzioni, attraverso i principi dell’edilizia circolare.
Gli sprechi nel settore delle costruzioni
Stando alle cifre riportate dal Forum Economico Mondiale, fondazione senza fini di lucro con sede in Svizzera, il settore delle costruzioni costituisce il 6% del Prodotto Interno Lordo Mondiale. Ripensare l’edilizia secondo questo nuovo modello economico, dunque, non vuol dire perdersi in cicalecci, tutt’altro: spostarsi verso l’edilizia circolare significa riformare uno dei settori più importanti e soprattutto più inquinanti ed energivori a livello globale. Per fare un esempio, basti pensare che la metà della produzione annuale di acciaio viene risucchiata nel settore delle costruzioni. Di più: l’edilizia è responsabile di una fetta tra il 25% e il 40% delle emissioni globali di carbonio, e questo è solo uno dei parametri impressionanti che delineano la sua insostenibilità. Nella sola Francia, per esempio, stando ai dati resi noti dal Ministero dell’Ambiente, dell’Energia e del Mare, il settore edilizio produce ogni anno 50 milioni di tonnellate di rifiuti (di contro, per farsi un’idea, ai 30 milioni di tonnellate prodotti a livello domestico): il 65% di questi materiali provengono da lavori di demolizione, il 28% dalle ristrutturazioni e il 7% dalle nuove costruzioni. Parliamo dunque di 50 milioni di tonnellate di mattoni, cemento, acciaio, legno e materiali plastici, dei quali solo il 50% (si stima) vengono riciclati. Nel Regno Unito, per fare un altro esempio, un terzo dello spreco di risorse a livello nazionale proviene dall’edilizia. Di fronte a queste cifre spaventose, alcune delle più innovative imprese del settore si stanno muovendo verso l’edilizia circolare: il numero delle iniziative è di certo ancora molto limitato, ma è comunque un buon inizio.
Avvicinarsi all’edilizia circolare
Sono principalmente due i modi per approcciarsi all’edilizia circolare. Il primo è quello di spingere al massimo per ristrutturare gli edifici già esistenti, invece di ricorrere sistematicamente alla costruzione di nuove strutture. Il secondo approccio all’edilizia circolare, più tecnologico ed innovativo, è quello che prevede già alla fase di progettazione un successivo mutamento dell’edificio: in questo senso, il suo ciclo di vita non andrebbe più inteso come costruzione – utilizzo – demolizione, ma come costruzione – utilizzo – mutamento – riutilizzo, e così via. Lo studio di architettura XX di Rotterdam sta già mettendo in pratica in modo letterale i principi dell’edilizia circolare: un loro progetto, Villa Camera, è stato costruito per ‘durare’ solo cinque anni. Ad oggi quell’edificio è giunto alla sua terza ‘reincarnazione’. Tutto questo è possibile grazie ad un nuovo modo di pensare all’edilizia, che strizza l’occhio alla modularità degli elementi grazie a tecniche tipiche di altri settori, in primis quelle del manifatturiero.
La minimizzazione dello scarto
Ma fare edilizia circolare non significa solamente progettare degli edifici ‘modulari‘ in grado di cancellare il concetto di demolizione come lo conosciamo oggi. Significa anche partire da una scelta più oculata dei materiali di costruzione. Nel Regno Unito ogni anno confluiscono nel processo edilizio ben 400 milioni di tonnellate di materiale. Per ridurre il suo impatto, quindi, l’edilizia deve utilizzare materiali alternativi, riciclati o di riuso. L’azienda francese ‘Recovering‘, per esempio, sta supportando l’avanzamento dell’edilizia circolare grazie al riciclo sistematico degli intonaci provenienti dalle demolizioni e ristrutturazioni: in un solo anno, 45.000 tonnellate di materiale altrimenti sprecato sono state recuperate. Questa è l’edilizia circolare: il concetto di scarto deve essere ridotto al minimo, nell’ottica di eliminare il più possibile lo spreco.
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