Svalbard Global Seed Vault: custodi della biodiversità alimentare
Un gigantesco bunker nel ghiaccio. Siamo alle Svalbard, un mucchietto di isole norvegesi sperdute, a mille chilometri dal Polo Nord. Uno scenario quasi apocalittico dove la vegetazione è quasi inesistente, il sole non tramonta per quasi quattro mesi e l’inverno è gelido e fatto di 155 giorni di buio totale. Eppure è proprio qui che si salvaguarda la biodiversità. Inaugurato nel 2008, lo Svalbard Global Seed Vault è un deposito sotterraneo che custodisce la più grande varietà possibile di sementi provenienti da ogni parte della Terra, con l’obiettivo di difendere e preservare il nostro patrimonio agricolo da qualsiasi minaccia e catastrofe, che sia naturale o umana.
Svalbard Global Seed Vault, la banca mondiale dei semi
Il progetto di questa banca dei semi mondiale è gestito dal governo di Oslo insieme al Global Crop Diversity Trust, una fondazione che si occupa della sicurezza alimentare nel mondo ed è sostenuto anche dalla Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura. Quando ne è stata decisa l’apertura non tutti erano convinti che potesse trattarsi di un’idea vincente, perché in molti paesi esiste già una “banca nazionale” per i semi o perlomeno degli Istituti, in genere nei laboratori di Università o centri di ricerca, che si occupano della conservazione delle sementi. Ma l’adesione a livello mondiale ha iniziato a delinearsi, con quasi tutti i Paesi che, uno dopo l’altro, hanno deciso di inviare alle Svalbard una copia dei loro semi. Dagli Stati Uniti alla Corea, dalla Germania alla Mongolia, fino al Perù e Costa Rica. L’invio al deposito più recente sembra risalire a febbraio del 2014, quando, proprio in occasione del sesto anniversario dello Svalbard Global Seed Vault, sono atterrate nel piccolo aeroporto di Longyearbyen 20mila varietà di semi provenienti da Giappone, Brasile, Perù, Messico e Stati Uniti.
860 mila varietà di semi
Oggi i numeri del deposito norvegese sono straordinari. Parliamo di più di 860 mila varietà di semi, incasellati in depositi di roccia a 130 metri di profondità e conservati a una temperatura di 18 gradi sotto zero. Sono tre le grotte sotterranee che accolgono il ‘backup della biodivesrità’, al riparo dallo scioglimento dei ghiacciai e anche dai guasti agli impianti che fanno funzionare la struttura, perché il permafrost, il terreno perennemente ghiacciato tipico delle regioni polari, funge da refrigerante naturale e manterrebbe il deposito a una temperatura rigida e costante.
Le minacce alla biodiversità alimentare
La necessità di dar vita a questa banca mondiale dei semi è nata con l’evidenza di una serie di pericoli che stanno minacciando la biodiversità alimentare del Pianeta. La scarsità idrica, la perdita di habitat e il cambiamento climatico stanno mettendo a dura prova la sopravvivenza del nostro patrimonio naturale e laddove queste specie rischiano di estinguersi c’è un posto dove non vanno perse per sempre.
La perdita della biodiversità può anche non dipendere da un peggioramento delle condizioni ambientali ma da disastri naturali o guerre. Il passato insegna che i pericoli sono reali. Come nel caso della Banca nazionale delle Filippine, che è stata danneggiata dalle inondazioni nel 2008 e sei anni dopo è andata completamente distrutta a causa di un incendio. O in quello dei depositi in Afghanistan e Iraq, smantellati in seguito ai recenti conflitti.
Il primo prelievo dalla Siria
È proprio un anno fa circa che lo Svalbard Global Seed Vault ha infatti ricevuto la prima richiesta di prelievo, da parte del Centro internazionale per la Ricerca agricola in aree asciutte di Aleppo, in Siria (Icarda). Il Centro, uno dei punti di riferimento più importanti in materia di sviluppo e sicurezza alimentare nelle zone aride della Terra, è andato distrutto durante la guerra tutt’ora in corso. Fortunatamente dal 2009 le collezioni di semi erano state duplicate e spedite anche alle Svalbard. A ottobre dello scorso anno, dopo aver realizzato dei nuovi depositi in Marocco e Libano, l’Icarda ha chiesto l’invio dei pacchi contenenti i 116.000 campioni di semi che, una volta fatte le copie e riavviata la produzione, verranno rispediti alle Svalbard.
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