Consumo di suolo: ecco i costi per l’ambiente
Il fenomeno del consumo di suolo sta divorando in Italia 35 ettari al giorno. Quattro metri al secondo vengono quotidianamente persi in maniera irreversibile a causa della cementificazione legata prevalentemente alle attività del mondo edilizio e delle infrastrutture. Un ritmo di consumo che vede un rallentamento rispetto all’anno scorso anche a causa della crisi economica del settore delle costruzioni, ma che non accenna comunque ad arrestarsi.
I costi ambientali legati al fenomeno
Secondo il rapporto dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), per consumo di suolo si intende una variazione da una copertura non artificiale (suolo non consumato) a una copertura artificiale del suolo (suolo consumato), che si associa alla perdita di superficie agricola naturale o seminature. In altre parole, cementificando si va a soffocare il terreno destinato o potenzialmente destinato all’agricoltura. Nel 2013, il 41% della copertura artificiale era legato alla costruzione di infrastrutture, prevalentemente di strade asfaltate, il 30% all’edilizia e la parte rimanente a parcheggi, discariche, piazzali, cantieri e aree estrattive.
Il costo ambientale immediato della pratica dell’impermeabilizzazione è la perdita di servizi ecosistemici, ovvero di quei benefici che l’uomo ottiene, direttamente o indirettamente, dagli ecosistemi e necessari al proprio sostentamento. La recente classificazione del Common International Classification of Ecosystem Services (CICES) li suddivide in servizi di approvvigionamento (come prodotti alimentari e biomassa), servizi di regolazione e mantenimento (ad esempio la regolazione del clima, stoccaggio del carbonio, e controllo dell’erosione) e servizi culturali (quali servizi ricreativi, paesaggistici, etc.).
La perdita di questi servizi a livello ambientale spesso non causa dei danni puntuali bensì concatenati: per fare un esempio, se consumiamo suolo rilasciamo il carbonio che ora si trova sotto terra, se lo facciamo fuori uscire aumentiamo la CO2 in atmosfera, e conseguentemente il rischio che la temperatura salga.
“In estrema sintesi – si legge nel rapporto – si può affermare come il consumo di suolo agroforestale e rurale avvenga a discapito delle principali funzioni che l’economica assegna all’ambiente: produzione di beni e materie prime (che, in questo caso, assolvono bisogni primari come acqua e cibo) e assorbire gli scarti della produzione umana (in questo caso la CO2 derivante dai processi produttivi)”.
Un progetto per quantificare i costi del consumo di suolo
Grazie al progetto europeo Life+ Sam4cp Ispra è riuscita a stimare il costo economico relativo alla perdita di 9 servizi ecosistemici. L’obiettivo finale è quello di poter fornire degli strumenti alle pubbliche amministrazioni, per poter produrre in futuro dei piani regolatori del territorio che tengano conto di questi dati e che mirino quindi all’azzeramento del consumo di suolo.
Stoccaggio e sequestro del carbonio. La capacità del suolo di essere un serbatoio di CO2 è fondamentale nel campo della lotta ai cambiamenti climatici. Consumando più suolo si rilascerà più CO2 che ora è trattenuta nel terreno. Considerando i danni causati dal rilascio di CO2 in atmosfera attribuibile alle attività di consumo di suolo, il danno si aggira circa intorno ai 145mila euro.
Qualità degli habitat. Il degrado di un’habitat influisce sulla possibilità delle specie che lo abitano di sopravvivere e riprodursi. Il progetto Sam4cp stima che a livello nazionale il valore complessivo associato alla perdita degli ecosistemi sia di 5,3 milioni di euro persi ogni anno. “Vista la difficoltà di associare a una caratteristica fondamentale come la biodiversità un valore economico – si precisa nel rapporto -, questa cifra può risultare estremamente sottostimata”.
Produzione agricola e produzione legnosa. Il consumo di suolo può influire principalmente in due modi sulla produzione agricola: diminuendo gli spazi a disposizione per la coltivazione o deteriorando la qualità del suolo, limitando quindi la possibilità di produzione sia nel breve che nel lungo periodo. Considerando le aree che dal 2012 al 2015 sono passate da terreno agricolo ad artificiale, ISPRA ha stimato una perdita di 420 milioni di euro di suolo produttivo. Mentre per quanto riguarda la produzione legnosa invece si è stimata una perdita di 17milioni di euro all’anno.
Purificazione dell’acqua e infiltrazione dell’acqua. Il suolo e la vegetazione hanno la capacità di assorbire e rimuovere inquinanti e nutrienti dall’acqua. L’impermeabilizzazione però sta danneggiando in maniera irreversibile la capacità di infiltrazione dell’acqua nel suolo, limitando quindi la possibilità di assorbimento di sostanze come il fosforo e azoto. Il costo della perdita di questo tipo di servizio viene calcolato considerando i costi necessari per compensare con una depurazione chimica quello che non può più fare la natura. A seconda della sostanza e delle tecniche di rimozione i costi in questo caso sono stimati tra i 400mila e i 775mila euro.
I costi invece legati alla diminuzione della capacità di infiltrazione dell’acqua, e a una conseguente necessità di investire in sistemi di gestione superficiale, sono compresi tra i 50 e i 99 milioni di euro annui.
Protezione dall’erosione. All’interno dei servizi di regolazione, il controllo dell’erosione è un servizio chiave per contrastare i processi di degrado del suolo e desertificazione. I danni principali a questo servizio possono essere causati dall’asportazione dei vegetali dalla superficie, operazione che indebolisce fortemente il terreno. Costi stimati? Circa 120 milioni all’anno.
Impollinazione. Gli insetti impollinatori svolgono un ruolo chiave, oltre che per la produzione di cibo anche per il mantenimento della biodiversità vegetale e il miglioramento della produzione agricola sostenibile. I costi complessivi stimati a causa dei cambiamenti avvenuti nel triennio 2012-2015 sono compresi tra i 2 e i 2,7 milioni di Euro.
Regolazione del microclima. Il consumo di suolo causa infine effetti diretti anche sulle temperature, in particolare nelle zone urbane in periodo estivo. Il fenomeno “isola di calore” è emblematico: a causa della cementificazione infatti il terreno delle nostre città non riesce più ad assorbire i raggi solari. E quindi cosa fa? Li riflette, aumentando di quasi un grado il livello di temperatura media superficiale. Il costo complessivo in questo caso è di circa 8,7 milioni di euro all’anno, calcolato sulla base di ipotesi di un aumento dell’utilizzo degli impianti di condizionamento.
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