È possibile tassare il cibo spazzatura?
Abbassate i costi
L’Oms, Organizzazione mondiale della sanità che comprende 53 Paesi, lancia un allarme: è necessario intervenire con politiche efficaci a favore di cibi sani, poiché malattie come quelle cardiovascolari, respiratorie, il diabete e il cancro, dovute a uno stile di vita sbagliato, sono il 77% rispetto a quelle totali e causano l’86% delle morti premature. L’unico modo per fermare questo disastro sembra essere quello di adottare misure economiche che incentivino una corretta alimentazione e disincentivino il consumo di cibo spazzatura, intervenendo sui prezzi, per disincentivare la domanda di alimenti malsani e promuovere quella di frutta e verdura. Prodotti come alcool o tabacco sono già da tempo tassati poiché chi ne fa uso rischia di ammalarsi e dunque grava sull’economia dell’intera società. Oggi la stessa cosa può essere detta per gli obesi soggetti alla perdita di produttività lavorativa, disabilità, mortalità prematura e di maggiori costi sanitari rispetto a una persona normopeso.
Le strategie: tassare il cibo spazzatura
Lo studio dell’Oms ha però sottolineato che per essere efficace la nuova tassazione deve tenere presente due aspetti: l’elasticità della domanda di un prodotto che può variare nel tempo, e che la tassa ricada esclusivamente sul consumatore e non sul produttore, che potrebbe decidere di caricare su di sé la nuova spesa per non diminuire le vendite. Alcuni Paesi hanno già dato il via alla strategia proposta dell’Oms su una serie di prodotti. In Francia, ad esempio, è in vigore dal 2012 una tassa sulle bibite zuccherate di circa sette centesimi di euro al litro che ha portato a una diminuzione del 3,3% delle vendite di bibite e un aumento del 5% dei prezzi. In Ungheria, dove quasi i due terzi degli adulti sono obesi, è entrata in vigore una tassa su bevande zuccherate, energy drink, dolciumi, snack salati, alcol aromatizzato e le confetture di frutta, specificamente finalizzata alla salute pubblica. Secondo Oms le vendite dei prodotti soggetti alla tassa ungherese sono calati del 27%, con una diminuzione del consumo variabile tra il 20% e il 35%.
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